L’obbligo di astensione

I procedimenti amministrativi prevedono una particolare attenzione, con l'obbligo di astensione, in situazioni in cui potrebbe svilupparsi un conflitto di interessi, anche solo potenzialmente.

L’articolo 6-bis (Conflitto di interessi) della L. n.241/1990 recita: "Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale."

La disposizione, così come ricordato anche dall’ANAC (Autorità Nazionale

Anticorruzione), stabilisce, pertanto, per i soggetti indicati dalla norma, un obbligo di astensione ad elaborare pareri e valutazioni e ad adottare sia gli atti endoprocedimentali sia il provvedimento finale, nel caso di conflitto di interesse anche solo potenziale, nonché un dovere di segnalazione a carico degli stessi.

Il pubblico ufficiale deve quindi astenersi dal portare a termine attività che possono determinare il conflitto di interesse:

La predetta norma va coordinata con le previsioni del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) il quale stabilisce all’art. 7

(“obbligo di astensione”) che il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

L’imparzialità richiesta

L’ANAC ricorda come la ragione dell’obbligo di astensione vada “ricondotta nel principio di imparzialità dell’azione amministrativa e trova applicazione ogni qualvolta esista un collegamento tra il provvedimento finale e l’interesse del titolare del potere decisionale.

Peraltro il riferimento alla potenzialità del conflitto di interessi mostra la volontà del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità.

L’obbligo di astensione, dunque, non ammette deroghe ed opera per il solo fatto che il dipendente pubblico [nel nostro caso l’ufficiale dello stato civile] risulti portatore di interessi personali che lo pongano in conflitto con quello generale affidato all’amministrazione di appartenenza”.

L’incompatibilità prevista dal regolamento dello stato civile

L'art. 6 del regolamento dello stato civile (d.P.R. n. 396/2000), prevede una specifica incompatibilità laddove individua l’impossibilità, per l’ufficiale dello stato civile, di ricevere atti nei quali egli stesso sia dichiarante.

Limite che si estende ai casi in cui la dichiarazione sia resa dal proprio coniuge o dal proprio unito civilmente e che impedisce all’ufficiale dello stato civile di ricevere atti in cui essi compaiano come dichiaranti.

Altresì, l’incompatibilità opera nel caso in cui le dichiarazioni siano rese da parenti o affini dell’ufficiale dello stato civile, di qualunque grado se si considera la linea retta di ascendenza o discendenza, e fino al secondo grado se si considera la linea collaterale (fratelli e sorelle), o gli affini (genitori del coniuge, fratelli, sorelle, cognati del coniuge).

L’ufficiale dello stato civile non può ricevere gli atti nei quali egli, il coniuge, la persona a lui unita civilmente, i suoi parenti o affini in linea retta in qualunque grado, o in linea collaterale fino al secondo grado, intervengono come dichiaranti

Individuazione di altri pubblici ufficiali per l’assolvimento degli adempimenti

Nella circostanza in cui, per i citati motivi di potenziale conflitto di interessi, fosse necessario “sollevare il dipendente dall’incarico esso dovrà essere affidato dal dirigente ad altro dipendente ovvero, in carenza di dipendenti professionalmente idonei, il dirigente dovrà avocare a sé ogni compito relativo a quel procedimento. Qualora il conflitto riguardi il dirigente a valutare le iniziative da assumere sarà il responsabile per la prevenzione”.

La violazione sostanziale della norma, che si realizza con il compimento di un atto illegittimo, dà luogo a responsabilità disciplinare del dipendente/ufficiale dello stato civile,

che potrebbe vedersi sanzionato in base all’esito del conseguente procedimento, oltre a poter costituire fonte di illegittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo dello stesso, per aver ecceduto in potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell’azione amministrativa (All. 1, par. B6, Piano Nazionale Anticorruzione).

Basta la sola potenzialità perché si possa affermare il conflitto di interessi.

Le norme

L’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubblicheha riscritto con maggiore cura e dettaglio quei principi già contenuti nel d.P.R. n. 3/1957 e riconducibili al dogma dell’unicità del rapporto di lavoro ed alle norme di tutela ad esso riferite in tema di incompatibilità e cumulo di impieghi. L’esclusività del rapporto di impiego in una con l’eccezionalità delle ipotesi derogatorie erano, pertanto, già intesi dal legislatore quali strumenti di presidio e garanzia rispetto alla limpidezza dell’operato pubblico ed alla non interazione delle scelte pubbliche con interessi privati di sorta.
Dopo la legge cd. anticorruzione, in particolare, il conflitto di interesse ha trovato codifica in ambiti ulteriori di disciplina dell’operato pubblico. Il Conflitto d’interesse è stato, allora, normato all’interno della legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990), laddove  l’art. 6 bis, (introdotto dall’art. 1 comma 41 della legge n. 190/2012) stabilisce che” il responsabile del procedimento e i titolari degli Uffici competenti ad adottare i pareri , le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interesse, segnalando ogni situazione di conflitto anche potenziale”. Ma il conflitto d’interesse viene ulteriormente rimarcato nello stresso art. 53 del d.lgs. 165/2001 al comma 9, in un’ottica concettuale allargata anche agli incarichi diversi rispetto ai compiti d’istituto, mediante la previsione dell’onere per le amministrazioni pubbliche che autorizzano incarichi extra lavorativi ai propri dipendenti, della verifica preliminare circa l’insussistenza di situazioni anche solo potenziali di conflitto.
Uno sguardo allargato a tutte le attività, quelle istituzionali e quelle extra officio, le quali non debbono mai risentire negativamente della presenza concomitante di un interesse egoistico anche solo potenziale.
Il punto di maggior rilievo è, però, la regolazione dell’obbligo di astensione del dipendente pubblico all’interno del codice di comportamento generale valevole per tutte le PP.AA, approvato con d.P.R. n. 62 del 16 aprile 2013, codificazione riprodotta e contestualizzata nei codici di condotta adottati, poi, dalle singole pubbliche amministrazioni.

Trasparenza

Silenzio assenso/Dichiarazione dell'interessato sostitutiva del provvedimento finale
No